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Il coordinamento no impianto di Fusina fornisce dati falsi sulla presenza di Pfas nell'acqua potabile

Venerdì 24 Gennaio 2025

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Ennesima topica del coordinamento no inceneritore Fusina, da aggiungere alle molte già accumulate nel corso degli anni.
In un articolo pubblicato oggi, il coordinamento fornisce infatti dati che non trovano alcun riscontro – quindi sono inventati – sulla presenza di Pfas nelle nostre acque potabili.
Non lo trovano in nessuna delle numerose analisi che sono state e che vengono effettuate da Veritas e dagli organi competenti, utilizzando il previsto metodo ASTM D7979-20 con tecnica LC-MS/MS, e nemmeno nel report diffuso due giorni fa da Greenpeace.
Sono valori non solo inventati, ma pure molto pericolosi, perché se fossero corretti supererebbero i limiti previsti dalla normativa, con il risultato che le autorità preposte avrebbero già interrotto l’erogazione di acqua potabile.
Veritas ricorda che la qualità delle acque potabili è controllata in maniera indipendente da Arpav e dalle Usl competenti per territorio, cui spetta – attraverso il Servizio igiene alimenti e nutrizione – il giudizio di potabilità.
I controlli vengono effettuati nelle varie fasi del ciclo idrico, dalle sorgente alla rete di distribuzione, con monitoraggio continuo grazie a un sistema telematico a controllo centralizzato.
Sono falsi anche i valori forniti dal coordinamento sulle emissione del termovalorizzatore di Fusina.
In un anno, infatti, l’impianto emette in media 0,37 tonnellate di ammoniaca (e non 61, come riportato nell’articolo), 32,8 di NOx (e non 43), 0,09 di polveri (e non 29), 0,7 kg di metalli pesanti (e non 2) e 1,02 milligrammi di diossine (e non 2,5).
Sono dati pubblici, che Veritas trasmette agli enti di controllo competenti nell’ambito del piano di monitoraggio e controllo.
Si tratta quindi del solito e inutile tentativo di terrorizzare la popolazione con notizie false su un impianto all’avanguardia, dotato di tecnologie in grado di abbattere gli inquinanti, regolarmente autorizzato dalla Regione, approvato anche dal ministero dell’Ambiente e dall’Unione europea (nonostante entrambi i pareri non fossero necessari), e passato al vaglio del Tar e del Consiglio di Stato, che per ben tre volte hanno respinto i ricorsi dei sedicenti comitati.